SCUOLA A DISTANZA. L'esperienza delle scuole federate

Riflessioni - 8 aprile 2020

don Luigi Gavagna - Consulente ecclesiastico FismBo

Pasqua 2020

Alla vittima pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.

Mai come in questo momento cogliamo la pertinenza del Vangelo con la nostra condizione umana.
La natura, questo mondo, la nostra umanità non sono sufficienti per l’uomo. Necessario, ma mai sufficiente. L’attuale situazione che fa emergere il dramma della condizione umana, rimanda ad altro e fa nascere una domanda: come può l’uomo superare il proprio limite, vincere la propria fragilità? Il mito di un progresso che risolverà tutti i problemi dell’uomo va a infrangersi contro un limite mai superato, che si estende sempre più in là. Allora può subentrare il fatalismo o l’allegra dimenticanza che, però, non possono togliere la paura o, peggio, la mancanza di speranza.
Allora chi, cosa può vincere la fragilità della condizione umana? L’uomo è condannato alla solitudine dovuta alla sua ultima impotenza?
Papa Francesco e il nostro Arcivescovo, in questi giorni, ci ripetono che solo una “Presenza” può sciogliere la nostra solitudine, dovuta alla nostra precarietà umana.
Chi è più forte della morte, inevitabile espressione del nostro limite?
Risuona per noi l’annuncio gioioso della Pasqua di Risurrezione di Gesù:
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui (in una tomba!), è risorto”.
Gesù dice di sé: “Io sono la risurrezione e la vita” (per sempre!)
La Settimana Santa ci farà rivivere, momento per momento, quanto è accaduto a Cristo in quei giorni.

Domenica delle Palme
Gesù è proclamato Re, pur nell’umiltà della sua condizione umana. La sua regalità è un punto di riferimento certo, per cui la morte e la fragilità umana non sono l’ultima parola sull’uomo, non sono una prigione senza uscita. È giorno della pace donata all’uomo per il suo cuore e i suoi rapporti con gli altri e con il creato.

Giovedì Santo
Gesù ci fa dono della Sua persona, perché rimanga sempre con noi: “Questo è il mio corpo offerto a tutti voi”. Vinta l’innata solitudine della condizione umana e la paura che ne deriva, viene donata a ognuno di noi la Comunione con Cristo e tra di noi. E come ogni vero rapporto d’amore va continuamente alimentato, Gesù ci dona il Pane di vita eterna, che possiamo ricevere ogni domenica alla Messa.

Venerdì Santo
Gesù, per farci conoscere la Salvezza che ha operato per noi, la vive anzitutto Lui, in prima persona.
Il Vangelo è anzitutto la Sua persona, la sua vicenda terrena, umanissima. Così ci può assicurare: “Guarda me! Come me, anche te!”. Gesù ci precede in tutto.
E perché nessuno possa dubitare di essere escluso da Lui, dal Suo amore, si fa carico di tutto il male, di tutta la cattiveria umana, di tutto il dolore fatto e subito da ogni uomo, e lo inchioda alla Croce, per liberarcene per sempre. Così la sua Croce è la nuova ed eterna Alleanza di Dio con ogni uomo. E Dio è fedele: non può né mentire, né illuderci.

Sabato Santo
Giorno di silenzio, per non essere distratti, distolti; sia abolita ogni facile e illusoria evasione.
Un amore così grande attende la nostra risposta. “Sì, Signore, nonostante tutti i miei errori, Ti voglio bene. Prendimi come sono, perché possa diventare come Tu mi vuoi”. A Te confesso le mie colpe, perché Tu sei Misericordia e riveli la Tua onnipotenza con il perdono dato gratuitamente, per puro amore.

Giorno di Pasqua
Se c’è un desiderio insopprimibile nel cuore dell’uomo, per sé e per i propri cari, è quello di una vita così compiuta, così perfetta che sia per sempre. Appunto una vita che abbia superato la morte, cioè la Risurrezione.
Certo questo non è esito di un’opera umana, non è qualcosa che può fare l’uomo, se non appunto desiderarla, predisporsi per riceverla. Per farci comprendere questo dato, Gesù si paragona alla vite, di cui noi siamo i tralci. Il ramo cosa deve fare per ricevere la linfa vitale, per non seccare? Stare attaccato al tronco: mai staccarsi, anzi rimanere ben stretto, unito. Peccato “mortale” allora è tutto ciò che ci allontana dal Signore, ci fa staccare da Lui, sorgente di vita eterna, cioè di una vita che è per sempre.