SCUOLA A DISTANZA. L'esperienza delle scuole federate

Riflessioni - 8 maggio 2020

Coordinamento pedagogico Fism Bologna

Testimoni di una storia

Alla mamma che gli chiede se gli mancano la scuola, i compagni, un bambino di 5 anni risponde: “Adesso posso stare solo con te, sto bene con te” e questo gli basta, ora. In modo molto maturo per la sua età ci dice che il punto è rispondere alla realtà data. Prova di maturità che basterebbe da sola a certificare la sua preparazione al passaggio alla scuola primaria.
Cosa la rende possibile? La certezza della positività di rapporto. Ciascuno è definito dai rapporti che vive. Il rapporto non è qualcosa di astratto e predefinito, ma è concreto e circostanziato. Accade nell'istante, ma ha bisogno del tempo per germogliare e dare frutto. È fatto di cadute, errori, gioie, conquiste e riprese. Ogni volta che si crea un rapporto nasce una dinamica educativa: cammino di maturazione dell’essere umano. È una persona che si misura con un’altra persona.
L’educazione non si genera, ma accade per la forza di un incontro. La si può riconoscere. Quindi, viene prima di quello che noi possiamo metterci di nostro. Se l’educazione è un rapporto, essa non si esaurisce in una professione. Grandi educatori hanno detto che la scuola educa istruendo: l’educazione è legata a una finalità specifica del contesto in cui si manifesta e sviluppa. Se si toglie il contesto e la sua finalità specifica, cade anche la possibilità di un’educazione, chiara, netta efficace
Quindi torna provocatoriamente la domanda: la scuola dell’infanzia deve ancora esserci?
Abbiamo sempre sostenuto che il bambino è pienamente accolto solo se è accolta la sua famiglia. C’è un legame oggettivo tra il bambino e la sua famiglia che rimane il luogo generativo primario.
In questo tempo una funzione educativa che ricade maggiormente sui genitori è quella di essere testimoni di una crescita. Anche se sono passati due mesi da quando le insegnanti hanno visto i bambini l’ultima volta, non si è interrotta la loro storia di crescita. Si è interrotta solo una modalità con cui i bambini erano soliti vivere questa storia. È come se si dovesse cambiare lo sguardo: non avere in testa e negli occhi il bambino come oggetto di attenzione e cura, ma avere a cuore il rapporto con il bambino, nel contesto dato ora, perché possa crescere. È un cambiamento che si impone sia ai genitori, sia agli insegnanti. Perché il bambino cresce anche senza gli insegnanti e ciò che sta accadendo e che stiamo registrando è la prova di questo; ed è talmente potente che ci spinge a ripensare le modalità di prima. Di questa crescita, avvenuta in modalità diverse da quelle abituali e conosciute, l’insegnante può essere testimone, grazie al rapporto con i genitori. Si invertono i ruoli, ma la storia non finisce.
Per essere testimoni di una storia c’è bisogno di rapporto diretto coi bambini? Prima del corona virus ne eravamo convinti. Si pensava che questo rapporto diretto, pensato – presuntuosamente – in forma esclusiva e totalizzante, conferisse all'insegnante il diritto incontestabile di dare giudizi sui bambini indipendentemente da tutto quello che di altro accadeva nella loro vita. Adesso, invece, è evidente e inconfutabile che i bambini stanno crescendo anche senza gli insegnanti. Ma questo dato di realtà lo si apprende proprio dal rapporto con i genitori, se ci si mette con umiltà in ascolto.
Occorre dire ai bambini: “Ci siamo accorti che facendo un cammino insieme, noi assieme ai vostri genitori, abbiamo fatto camminare anche voi, che così siete cresciuti!”. Il problema sarà allora trovare una modalità per raccontare e documentare in modo che il bambino lo riconosca e passi alla scuola primaria forte di questa storia vissuta.
Di questo fatto occorre prendere coscienza: c’è una conoscenza dell’altro che nasce da un rapporto indiretto, attraverso la testimonianza di un altro; genitore in questo caso, ma insegnante nella situazione opposta. Se questa testimonianza è affidabile, diventa mia, fonte di conoscenza per me che non ho vissuto direttamente quel rapporto e non ho partecipato a quell'esperienza.
Il punto è: quali sono i motivi ragionevoli per cui posso ritenere quella testimonianza affidabile?
Insegnanti e genitori non potranno, d’ora in poi, sfuggire a questo compito: cercarsi e alimentare un dialogo fruttuoso, caldo, sincero, leale cambiando prospettiva; cambiando lo sguardo su di sé e sull'altro.
Scrive Ballerini. “La scuola è innanzitutto fatta di appuntamenti. Mai come in questi tempo ce n’e bisogno. Appuntamento significa che qualcuno mi invita, che io aderisco, mi preparo per esserci e quando ci sono contribuisco in prima persona”.
Questo garantisce che la scuola accade. Allora si è chiamati tutti ad aderire, a muovere la libertà nel ‘giocarsi’ in prima persona.