SCUOLA A DISTANZA. L'esperienza delle scuole federate

Riflessioni - 2 maggio 2020

Marco Coerezza - pedagogista e formatore

Abbiamo bisogno di visioni non di soluzioni

"Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito" .
Antoine de Saint-Exupéry


C'è in giro un'attesa e un affidamento quasi cieco alla tecnica (gli esperti che affollano i media e sono spasmodicamente invocati da tutti, in tutti gli ambienti) e ai protocolli o alle procedure per poter uscire dal lock down e dall'emergenza. Come se l'io e la coscienza si fossero rattrappiti davanti alla drammaticità della sfida che la realtà con il volto del coronavirus ha portato alle nostre false certezze. Davanti alla paura dovuta al non sapere che cosa fare, dovuta alla imprevedibilità di quanto accade, di fronte al limite abissale del nostro potere di controllo sulla realtà c'è un vuoto e un imbarazzo.
È il tempo della persona ci siamo detti spesso.
Eppure sembra, guardandosi intorno, che le persone siano già in ritirata. Un po’ dappertutto.
Nessuno vuole assumersi il "rischio" di giocare con il volto scoperto. A tu per tu con l'altro. Abbracciati (non importa se virtualmente, ma abbracciati) cioè capaci di riconoscere che solo insieme (siamo sulla stessa barca) si esce dalla pandemia.
Forse il virus ha vinto ancora: la distanza sociale, in quanto strumento per preservare dal contagio, è diventata dimensione dello sguardo, subdolamente insinuatasi nel cuore e da noi accolta acriticamente. Sospetto.
Non decidiamo più nulla se non abbiamo la stampella degli esperti o la copertura di colui che sta sopra di noi nella catena di comando.
È tutto delegato come in un gioco di specchi che rimanda un'immagine sempre cangiante che non mi permette di fare i conti con la realtà. Abbiamo lasciato vincere le interpretazioni senza comprendere che ciò genera la confusione conseguente é proprio quel "chiacchiericcio" come lo chiama Papa Francesco.
La soluzione? Spesso ci si affida alla "dittatura" della maggioranza. Quando abdichiamo e smettiamo di usare la ragione, robusta anche se ruvida, non resta che il voto. Per tagliare la testa al toro, altrimenti non si va avanti. E la vita urge, chiede, implora, esige di essere vissuta. Scimmiottamento della democrazia.
Tutto questo accade un po’ dovunque; anche nella scuola, anche nei collegi docenti in versione telematica.
Per uscire da questa situazione rachitica abbiamo bisogno di visioni non di soluzioni.
È la visione la può dare solo da un io che si concepisca come persona. Umile, semplice, che gode della compagnia degli altri io, consapevole che tutti fanno fatica, ma sicuro della lealtà reciproca, disposto a scommettere tutto su questa reciprocità e sulla corresponsabilità.
“Tu non puoi fare la traversata stando a guardare l’acqua del mare. Sali, quindi, sulla barca. Togli l’ancora che ti blocca la partenza. Spiega le vele e attendi il vento che le gonfi. Per navigare. E, se non c’è il vento, tu incomincia a remare!”
Un risveglio dell'umano: questa è la vera emergenza. Anche, soprattutto nella scuola.
Intanto, qualcuno ha iniziato a remare in attesa del vento che spiega le vele.