SCUOLA A DISTANZA. L'esperienza delle scuole federate

Riflessioni - 16 giugno 2020

Coordinamento pedagogico Fism Bologna

icaro e dedalo: tra limite e regole quale rischio educativo?

“…ma il calore ardente del Sole rammollì presto la cera profumata che faceva aderire alle sue spalle le ali, sciolse le piume dell’armatura che le teneva insieme e le fece precipitare nelle onde sottostanti. Icaro cercò invano di rimanere sospeso nell'aria battendo affannosamente le braccia. Cadde nel mare e la schiuma lo ricoprì”.
Tratto dalla Leggenda di Icaro e Dedalo

La leggenda di Icaro narra del limite e può servirci non appena per conoscere il fenomeno naturale del sole che scalda, brucia e scioglie, ma, come metafora, anche per conoscere il funzionamento delle cose, per far capire come si sta al mondo, o meglio per ‘apprendere a vivere’.
Già, perché l’esperienza del limite la facciamo tutti, ed è un’esperienza all'origine dell’ ‘Io’ del bambino.
Scrive Stefano Martinelli: “All'inizio, quando il cervello comincia a funzionare nell'utero della madre, non esiste né limite, né bisogno, non c’è né freddo, né fame, non c’è né duro, né morbido, non c’è solitudine, ma neppure compagnia e soprattutto non esiste io e non esiste tu. […] fin dall'inizio il bambino utilizza l’adulto come indicatore per decidere del suo comportamento e per giudicare la realtà, per discernere tra il pericolo e la tranquillità. Il limite cioè è nell'adulto.
Dopo la nascita è evidentissimo che la funzione del limite è tutta esterna, è l’adulto infatti che si pre-occupa (si occupa prima) di rimuovere i pericoli e di fermare i comportamenti pericolosi.”

Il bambino si trova quindi spesso di fronte al limite, quello dato dall'adulto per il suo bene e quello del bambino, che egli stesso si accorge di avere, mano a mano che cresce. Incontra il suo limite quando non riesce a prendere la tazza dalla mensola alta, quando perde a un gioco, quando non può guarire il proprio cane ammalato, quando non riesce a diventare più grande della sorella maggiore (desiderio ambito).
Oggi i bambini sono stati di fronte al limite che è emerso in maniera evidente, imposto non da loro o appena dagli adulti, ma dalla realtà stessa.
Oggi più che mai, inseguito all'emergenza sanitaria, il limite è una parola granitica. I bambini sono stati limitati per andare a scuola, stare con i propri amici, vedere i nonni, giocare al parco pubblico o partecipare al corso di nuoto. Questi limiti oggi, sono divenuti regole di convivenza sociale, che costituiscono i limiti oltre cui non si può andare: sono come i muri della casa che rinchiudono e proteggono.
Le regole però non vanno confuse con le abitudini o le prassi, cioè non vanno confuse con ciò che richiede lo stare di fronte in modo adeguato alla realtà. Lavarsi le mani prima di mangiare, non è una regola, ma è una buona prassi data dal fatto che le mani sono sporche e che prima di andare a tavola, occorre averle pulite; così come ‘non alzare le mani’ con un compagno di giochi, non è una regola, ma denota un modo più adeguato di stare di fronte agli altri, un modo che faccia stare bene, un modo conveniente per tutti. Così come il funzionamento delle cose (il fuoco brucia) dice la posizione da avere (stare lontani dal fuoco); anche nel rapporto tra le persone avviene la stessa dinamica: è la realtà che detta la buona prassi.
I bambini dovrebbero arrivare a stare in maniera adeguata nei confronti della realtà per una convenienza personale, per un guadagno, perché in un certo modo si sta meglio, si vive meglio con il cuore, con il corpo e con la mente, per un’attrazione.
“Se non è attrazione, cioè che chiama, che tira fuori, non muove. Un rischio sul quale dovete riflettere molto è il pensare che la regola sia il contenuto, lo scopo dell’educazione. Cioè che l’educazione deve dare delle regole. Se potete aiutatevi, ma fatela fuori questa idea. La regola è: che cosa ami tu? A che cosa vuoi bene? I bambini dell’età della Scuola Materna rispettano le regole se vogliono bene alla loro insegnante. Io non so come voi facciate a insegnare loro le regole, ma se non vi mettete a giocare con loro nella casetta, i bambini non le impareranno mai. (M. Coerezza)
Preoccupati per il distanziamento dei metri che dovremmo avere rispetto ad altri, al ri-aprire delle scuole, ricordiamoci dell’esperienza del limite che i bambini hanno fatto in questi mesi. Ne hanno fatto esperienza con il corpo: il “dentro” la casa e il “fuori” casa; hanno imparato il confine del giardino e il limite della porta della stanza di papà impegnato nello smart working...
Hanno imparato a stare a questa realtà, ad affrontarla, a rispettare sé e gli altri, hanno fatto esperienza di ‘dipendenza’: la realtà non è sempre manipolabile e gestibile dall'uomo, la sofferenza c’è, che l’uomo è appunto ‘limitato’ e può perfino morire.
Non è venuta meno, al contrario, la scoperta del desiderio di bene, bello, giusto del loro cuore, che non ha limiti, ma che è infinito. Così come infinito è il legame affettivo e la fiducia che il bambino ha con gli adulti per lui significativi che ha visto vivere stando di fronte al limite, accettando il limite, o meglio ancora, facendo divenire il limite un occasione per domandare Colui che non ha limiti e che ha vinto il limite.
“La vera unica regola è il rapporto educativo. Questa è una regola ferrea.” Sarà questa allora la sfida al ritorno a scuola: il rapporto educativo. I bambini rispetteranno le regole dell’emergenza sanitaria, che saranno le buone prassi imposte dalla realtà, se re-incontreranno insegnanti in grado di coinvolgerli in un rapporto. Ed il rapporto è un rischio educativo. Saremo capaci di rischiare?