Racconta Elisabetta Romagnoli: “La mia storia alla scuola Beata Vergine di Lourdes (BVL) comincia quando, finite le superiori, ho fatto un anno di volontariato (si chiamava così l’attuale Servizio Civile) presso la BVL. Poi ho fatto altre esperienze lavorative al di fuori della scuola fino a quando, nel 1990, l’abate don Aldino Taddia mi chiese di prendere il posto della suora che avevo sostituito in precedenza. Io accettai perché, essendo della parrocchia, mi piaceva l'idea di diventare insegnante dei bambini dei miei catechisti, delle persone che mi avevano aiutato a crescere... sentivo che come loro avevano dato a me, anch'io dovevo donare loro qualcosa. "Quando l’anno successivo andarono via tutte le suore, mi sentivo di aver ereditato la responsabilità di custodire, valorizzare e curare la BVL che non era più delle suore ma di tutti coloro che ci credevano. Primo fra tutti mi ha trasmesso questo Rossano Rossi che, insieme ad alcuni parrocchiani, ha portato avanti questa eredità capendone il valore educativo e pastorale. Anche i parroci ed i cappellani, chi più chi meno, hanno preso a cuore la scuola che ha compiuto 102 anni; oggi siamo una Fondazione intitolata a don Aldino Taddia, colui che ci lasciò questa importante eredità".
BVL è per me accoglienza ed inclusione, che ho sperimentato in prima persona quando, nel 1996, ho avuto un importante problema di salute e mi è stata data l’opportunità di inventarmi, all'interno della scuola, un nuovo ruolo come insegnante di religione. Cerco, quindi, con la mia testimonianza di diversamente abile, di trasmettere a chi incontro (colleghe, bambini, famiglie) che l’inclusione è possibile, non è un’utopia!
Come scuola cattolica siamo chiamati ad accogliere ed includere tutte le famiglie. Quante famiglie in questi anni sono passate, che hanno scelto la nostra scuola per i più svariati motivi: famiglie che hanno le loro realtà, le loro situazioni, le loro difficoltà ed alla scuola viene chiesto di comprenderle, accoglierle e voler bene.
Quante famiglie ho visto affrontare situazioni dolorose (separazioni, lutti, diagnosi di bambini certificati…) alle quali ho cercato di essere vicina con empatia e compassione (patire-con).
Queste famiglie possiamo raggiungerle in altro modo in parrocchia? E possono ricevere all’esterno certi valori di Speranza, di Amore per la vita, nonostante i loro vissuti?
Quante colleghe ho incontrato che si erano allontanate dalla Fede e grazie all’ incantevole senso religioso trasmesso dai bambini, si è mosso in loro e risvegliato qualcosa di profondo.
BVL è un ponte tra la parrocchia e la scuola: la Parrocchia ha bisogno della scuola per una missione educativa e pastorale e la scuola ha bisogno della parrocchia come comunità nel territorio.
A riguardo, in questi anni ho cercato di trasmettere alle mie colleghe, ai bambini ed alle famiglie, la preziosità della nostra scuola in quanto è appartenente alla comunità.
Come? Coinvolgendo e chiedendo ai sacerdoti la loro presenza per semplici celebrazioni durante i periodi significativi dell’anno liturgico e scolastico. Insieme a don Gino, abbiamo cercato di scandire l’anno scolastico in parallelo al calendario liturgico: festa dell’ Angioletto, S. Martino/giornata della Gentilezza, San Nicolò/Generosità…
È importante che i bambini, le colleghe ed i genitori conoscano il sacerdote nella relazione, per sperimentare che è una figura vicino a loro e per il prete è importante per vivere la concretezza dell’essere uomini.
Invece, per la Parrocchia mi sono occupata della catechesi rivolta alle famiglie con bambini da 0 ai 6 anni, coinvolgendo come catechiste alcune persone appartenenti alla comunità. È stata questa un 'esperienza positiva anche per tante famiglie della scuola, perché si sono avvicinate o hanno riscoperto la Fede attraverso queste semplici occasioni di ritrovo e di preghiera.
Vorrei raccontarvi ciò che mi è capitato qualche settimana fa e che mi ha fatto riflettere… È consuetudine a scuola, con i bambini, durante la preghiera del mattino, pregare per varie intenzioni, per intercedere… Un giorno mi ha telefonato una ex mamma che frequenta la parrocchia, la quale mi ha chiesto (d’accordo con altri ex genitori della scuola e parrocchiani) di pregare con i bambini per una ex alunna, coetanea di sua figlia, che da novembre è ricoverata in ospedale per anoressia.
Questo mi ha fatto mettere da parte la tentazione dello sconforto, difficoltà e fatiche quotidiane nel rapporto con le famiglie o della polemica (scarso o assente rapporto con la comunità parrocchiale) e mi sono detta: ”Questa è la parte migliore che è stata riconosciuta dalla comunità e della quale devo e dobbiamo ringraziare e credere!”
Ringrazio per la mia esperienza alla BVL: ogni giorno è stata ed è occasione di crescita e ricchezza personale e cerco di essere segno di speranza, vivendo con le famiglie le sfide del nostro tempo.
Concludo dicendo che credo nella scuola cattolica; penso che se la famiglia è piccola Chiesa domestica, secondo me la Scuola Cattolica è piccola Chiesa scolastica!
La scuola occupa una parte del mio cuore per tanti motivi, ma non solo per me; penso che per molti di voi è stata ed è un tesoro che abbiamo ricevuto e che dobbiamo, ogni giorno, con l’aiuto e la protezione di Maria, custodire, arricchire e difendere per costruire gli uomini e le donne del domani!
Nell'immagine la leggenda di San Martino
Pamela (Atelier dei piccoli): noi siamo nati come nido, poi siamo diventati anche scuola dell’infanzia per spinta delle famiglie a cui piaceva l’idea educativa che avevamo proposto. Quindi, da un piccolo gruppo educativo di 28 bambini, abbiamo inglobato la nuova fascia d’età creando così, fin da subito, un gruppo eterogeneo per età. Non è stato semplice mettere insieme le esigenze di un nido e di una scuola dell’infanzia e di educatori e insegnanti. Noi inizialmente eravamo tutti educatori e abbiamo solo successivamente inglobato gli insegnanti, che hanno portato il loro contributo. Si è venuto a creare un dialogo continuo e una contaminazione; infatti, ci sentiamo tutti parte dello stesso team che a volte si dedica a fasce di età differenti".
"Ci siamo prese un anno intero per parlare con le famiglie, per dare una struttura al progetto e pensare come creare dei sottogruppi in questo Polo. Dopo lunghi momenti di riflessione, abbiamo deciso di creare due gruppi di lavoro misti, per cui abbiamo 14 bambini di nido e 14 dell’infanzia al piano terra e lo stesso numero al primo piano.
L’accoglienza avviene dalle ore 8 alle 9:15 e tutti i bambini possono, per un’ora, scegliere gli spazi e i punti di interesse. Noi insegnanti/educatori stiamo sugli spazi e ruotiamo.
Successivamente c’è il momento del cerchio che viene fatto a gruppi misti e nel quale viene spiegata l’attività della giornata. Ogni giorno vengono proposte 2/3 attività che i bambini possono scegliere, però i più piccoli li indirizziamo noi nella scelta perché, nonostante sposiamo l’idea della libertà di scelta, crediamo che ad un anno, almeno all’inizio, sia necessario che prima gli venga almeno spiegato in cosa consistono le attività.
Ci siamo anche interrogate se, con questo modo di lavorare, ai bambini grandi sarebbe mancato qualcosa, perché nonostante crescano molto prendendosi cura dei piccoli, ci siamo chiesti cosa potessero perdere circa la loro autonomia. Abbiamo così pensato di dedicare, dopo pranzo, un’ora e mezza solo per loro, in cui ci aiutano a sistemare, a pulire i tavoli, chiacchierano con la educatrice e hanno un’ora di laboratorio pensato per loro; ogni 3 mesi questi laboratori vengono cambiati. La scelta dei laboratori dipende dalle esigenze e dagli interessi dei bambini e dalle passioni degli insegnanti.
Questa organizzazione della scuola ci ha permesso anche di agevolare i genitori circa gli spostamenti, perché hanno un posto unico dove portare e ritirare i bambini, quindi si organizzano bene per recuperare figli e cuginetti, tutti nello stesso posto.
Nell’ambiente esterno, quando è bel tempo, stiamo tutti insieme creando macro-gruppi.
Le mie colleghe ed io abbiamo lavorato molto per cercare di cambiare il nostro sguardo verso i bambini, di non focalizzare l’attenzione solo su un determinato gruppo di bambini ma essere tutti un po' partecipi del viaggio di ogni bambino, abbracciando l’idea che nonostante ci metteremo più tempo ad entrare in relazione con i singoli bambini e con la singola famiglia, la possibilità di osservarli tutti ci permette di avere più punti di vista sul singolo, più sguardi, più confronto.
Un altro punto a cui io tengo molto è relativo al fatto che noi adulti dobbiamo cercare di allontanarci da quel ruolo di protagonismo che spesso ci contraddistingue. Noi adulti dobbiamo diventare protagonisti di quello che portiamo, dell’attività, della passione, del progetto che pensiamo…
Vista la nostra filosofia, non facciamo più collettivi di nido d'infanzia ma organizziamo plenarie nido/infanzia ogni 15 giorni, così da riuscire a confrontarci circa le varie osservazioni e i punti di vista.
Non è semplice lavorare in questo modo perché ci mettiamo continuamente in discussione, niente può rimanere uguale dall’inizio alla fine.
A livello di progettazione, all’inizio dell’anno chiedo ad ogni educatore cosa vorrebbe portare e come la vorrebbero strutturare, poi tutti insieme pensiamo a come intrecciare le varie idee e le varie passioni. Dopodiché, nel corso dell’anno, vediamo quello che succede, apportiamo delle modifiche in base alle situazioni e a metà anno rifacciamo il punto della situazione e ragioniamo su che idee abbandonare, su come migliorare e apportare modifiche.
All’inizio eravamo molto preoccupati della reazione con le famiglie, specie per le famiglie dei bambini piccoli che dovevano fare l’inserimento. Riguardo a questo stiamo lavorando molto e cerchiamo ogni anno di accompagnare i nuovi genitori perché entrino nel miglior modo possibile. Organizziamo un open day dove spieghiamo molto bene la gestione, l’organizzazione e i principi alla base di questa organizzazione; spieghiamo loro che il nostro lavoro è quello di stare a fianco dei bambini e rendere la convivenza di bambini con età così varia sostenibile e motivo di crescita.
L’adulto deve osservare, contenere le regole, selezionare il gruppo, il materiale e le parole piuttosto che fare.
Penso che fino ai 6 anni scegliere propriamente tutto quello da fare nella giornata sia eccessivo, però insegnare ai bambini a scegliere e a poter dire dei no significa portare loro rispetto, dare valore, dare quella forza che permetterà, da grandi, di poter prendere autonomamente importanti decisioni".
Nell'immagine Edward Potthast Ring around the Rosie
Riguardo il tema della formazione del personale e della fidelizzazione, riportiamo le testimonianze delle coordinatrici dell’Istituto Farlottine e di don Santo della scuola dell'infanzia Benedetto XV.
Emma (coordinatrice Farlottine): il nostro Istituto è nato come scuola nel 2000; nei primi anni si contavano una decina di bambini, oggi sono più di 600 (nido e scuola dell’infanzia sono circa 220 bambini) e abbiamo più di 100 dipendenti tra educatori, insegnanti, responsabili del gestionale e della mensa. La nostra scuola è di stampo domenicano e la fondatrice è Assunta Viscardi, maestra e scrittrice che ha dato un forte valore identitario alla scuola.
Il nostro Istituto cura molto la formazione degli educatori e degli insegnanti, una formazione che mira alla conoscenza della persona in tutti i suoi aspetti, per poter riconoscere ciò che è vero, buono e bello e per poter aspirare ai beni più grandi, in primis la ricerca della propria felicità. Queste parole per noi hanno un grande valore, perché sono del nostro grande maestro: San Tommaso D’acquino.
Nella nostra scuola lavoriamo molto in team, nessuno di noi è solo, crediamo molto nel dialogo, nella relazione e nell’aiuto reciproco. Le nostre parole chiave sono la condivisione di uno sguardo di verità su ognuno di noi e la posizione di fronte al bambino; infatti, ogni bambino è un bene e come metodo crediamo che l’apprendimento parta dalla relazione.
Un altro tema che ci sta molto a cuore è quello dell’educazione affettiva: su questo abbiamo creato un percorso con piccole tappe e tanti strumenti, calato in base all’età.
Siamo una Cooperativa sociale onlus e quindi per noi coltivare i dipendenti è fondamentale e in questi ultimi anni sta prendendo forma il progetto Pracchia. Pracchia è una vecchia villa tra Bologna e Firenze, circondata da molti ettari di bosco, in cui sarà possibile soggiornare per vivere momenti di incontro sia con il personale che con le famiglie. Vorremmo in questo luogo fare sia attività all’aperto che coltivare la relazione con le famiglie e il personale scolastico.
Dal punto di vista del gestionale, offriamo un contratto di lavoro tra i più convenienti per i dipendenti, cerchiamo di andare incontro alle esigenze di ognuno per quanto riguarda l’orario di lavoro e cerchiamo di valorizzare il dipendente lavorando sul sistema premiante e regalandogli, quando possibile, giorni di ferie, buoni pasto…
Rossella (coordinatrice Farlottine): noi crediamo molto nell’idea di prenderci cura del personale; cerchiamo di far sentire le persone valorizzate, stimate e importanti. Cerchiamo di fare tanta formazione e lavoriamo in squadra affinché nessuno si senta come un’isola. Cerchiamo di sostenerci sempre e ognuno di noi sa che, in caso di difficoltà, può rivolgersi al presidente, ai sacerdoti, agli psicologi scolastici… solo così si può creare quel lavoro di squadra che è uno dei nostri maggior punti di forza.
Quest’anno abbiamo anche attivato una modalità di aiuto reciproco attraverso dei gruppi di sostegno psicologico, ovvero dei momenti di condivisione a partire dalle esperienze pratiche e concrete, con l’aiuto di un mediatore che ci accompagna in queste riflessioni. È stata un’iniziativa molto apprezzata che permette di accogliere i bisogni degli insegnanti.
Riguardo al curriculum verticale, almeno due volte all’anno tutto il personale si ritrova, così si ha il modo per confrontarci e mettere insieme il nostro sguardo e la nostra attenzione verso la crescita della persona.
Non mancano i momenti di festa, come la gita di inizio anno, la festa di Natale… e tanti momenti di partecipazione libera in cui il personale ha l’opportunità di incontrarsi, conoscersi meglio e condividere del tempo e delle riflessioni. Abbiamo anche organizzato delle serate per i dipendenti, in parte riconosciute come orario lavorativo, in cui si riflette su alcuni temi e su tre domande nello specifico e poi si cena tutti assieme.
Don Santo (scuola Benedetto XV): la storia della mia scuola è un po’ la storia della mia vita personale di questi ultimi 15 anni. Appena il parroco precedente mi ha presentato a Claudia Zuin, lei ha detto “Basta che vuole bene alla scuola”. Inizialmente pensavo la scuola come un impegno in più, invece devo dire che è stato un percorso molto bello e, a differenza dei primi anni in cui mi confrontavo solo con Claudia, oggi mi interfaccio con tutte le insegnanti, partecipo a tutti i collegi docenti e si è creata un bellissimo clima. Abbiamo fatto esperienze molto significative anche in teatro e l’anno scorso ho ricoperto il ruolo di San Francesco.
Tra l’altro, l’estate scorsa mi era stato comunicato che dovevo lasciare la parrocchia e alla notizia ho percepito una partecipazione autentica di dispiacere reciproco.
Devo ringraziare Claudia che mi ha preso per mano, mi ha aiutato a capire qualcosa in più circa l’ambiente della scuola, non mi ha mai nascosto nulla e mi ha spiegato le cose con pazienza.
La mattina ho preso l’abitudine di aggirarmi davanti alla scuola e di farmi vedere dai bambini e dalle famiglie in maniera informale. Cerco di partecipare al momento del pasto e noto che anche le maestre hanno molto piacere.
Nell'immagine Walter Firle Fairytale
© 2004-2024 FISM Bologna ETS (Partita IVA 00916140379)